Sessione di auto-analisi – ovvero le origini della mia procrastinazione

E’ da un po’ di tempo che giro intorno a questo post. Dopo la pubblicazione di quello precedente, ho deciso che nel post successivo avrei parlato un po’ di me, questa volta sinceramente. E visto che la sincerità a volte spaventa, ho continuato a rimandare questo momento che, come potete vedere, (mi rivolgo sempre ai miei numerosissimi lettori (!) ), è finalmente arrivato.

Nonostante la condizione di semi-anonimato di cui godo, non mi riesce facile mettermi a nudo. Forse è più la paura che, una volta scritte, le cose diventeranno reali, acquisteranno una certa fisicità e a quel punto sarà difficile continuare a nasconderle sotto il tappeto.

Sono anni che mi dico di doverla smettere con questa storia del rimandare sempre tutto, di continuare ad imbambolarmi con stupidi diversivi (film, giochini, tutte le distrazioni esistenti sulla faccia della terra,…) pur di sedare quel profondo disagio che mi accompagna, perentorio, come un cane randagio che ti segue a distanza, che si ferma se ti fermi, si volta dall’altra parte se lo sorprendi a guardarti, ma poi è sempre lì, dietro di te.

E ancor prima di aver acquisito consapevolezza sulla mia condizione di procrastinatrice cronica (il che, se non ha risolto la situazione, per certi versi le ha dato una parvenza di senso), ho vissuto accompagnata da un malessere generico, incapace di capire da cosa potesse essere generato.

In questo momento della mia vita, dopo anni di auto-analisi, più o meno consapevole, sono arrivata ad un punto di svolta. Questo punto di svolta fa in modo che tutto quello che è stato, tutte le elucubrazioni mentali (per non chiamarle proprio seghe), tutti i pomeriggi passati ad imbottire il mio cervello con le cose più inutili che si possano immaginare, tutte le mie paranoie sul futuro (quando non proprio sul presente), tutto ciò converga in una sola parola o, meglio, nella mancanza di essa: RESPONSABILITÀ.

La responsabilità è quella cosa che ti rende consapevole di essere in grado di sapertela cavare, di non aver paura. La responsabilità è ogni volta che ti fai carico delle tue azioni, che prendi posizione, che non hai paura di essere sincero. La responsabilità è quella cosa che ti fa sentire di essere diventato adulto.

La procrastinazione nasce dalla paura di agire. A volte si manifesta nelle situazioni più stupide, perché il suo piano consiste nell’impigrirti gradualmente, togliendoti pian piano qualsiasi barlume di iniziativa.

Poi arriva un periodo diverso dagli altri, in cui hai tante cose da fare, ti senti utile, senti che la tua esistenza sta finalmente acquistando un senso e più fai più hai voglia di fare.

Ma attenzione, questo non vuol dire essere guariti dalla procrastinite. Non appena si abbassa la guardia, non appena le acque si calmano e si profila all’orizzonte un periodo più fiacco, che richiede meno sforzi, che ci lascia la possibilità di gestire una gran quantità di tempo libero, è in quel momento che il problema si ripresenta. Senza neanche accorgersene si scivola nuovamente nella pigrizia e nell’indolenza.

Non saprei da dove nasce o perché si manifesta questa c***o di mania di procrastinare. Io però so da dove è venuta la mia.

Ho capito, e sto cercando di correggere, una cosa. Non sono stata cresciuta nel modo idoneo.

Con questo non voglio incolpare i miei genitori. Tutto ciò che hanno fatto lo hanno fatto per amore, perché credevano che fosse la cosa giusta. E non potrei mai smettere di ringraziarli per tutto ciò che mi hanno donato. Forse proprio l’ansia di non farmi mancare nulla li ha spinti a non dovermi fare carico di nessuna cosa, a non dovermi preoccupare di niente e a non dover mai osare. Ecco, non dico di essere stata cresciuta in una campana di vetro, ma in un batuffolo di bambagia sicuramente.

Per questo ho sempre scelto le vie più facili, quelle che richiedevano degli sforzi ma non troppi. Credo di aver usato, nel corso della mia vita, più o meno il 30% di tutte le facoltà mentali che potessi usare.

Le cose sono andate bene per un certo periodo. Più o meno fin quando non è terminato il liceo. Non voglio fare una cronaca di ciò che è avvenuto negli anni a seguire (troppo impegnativo, forse!), dirò solo che da quel momento in poi ho sempre vissuto con quel cane randagio alle costole (tra l’altro io preferisco i gatti!).

La cosa più brutta di tutta la faccenda è sicuramente l’inconsapevolezza. Non è facile riuscire a guardare dal di fuori le proprie azioni senza giudicarle, né in maniera negativa né in maniera positiva. Vivere una condizione che ci fa stare male e non sapere da dove provenga il disagio, non avere nessuna consapevolezza del perché, ragazzi, questo è un mix letale.

(Scusate il modo pietoso in cui sto scrivendo, è abbastanza tardi e il mio cervello ha quasi esaurito la capacità di mettere in fila due frasi di senso compiuto. Ovviamente domani, o più probabilmente un altro giorno lontano nel tempo, visto che sono almeno due settimane che sono ferma su questo post, non avrò voglia di modificarlo. Quindi, ahimè, ce lo dobbiamo tenere così com’è).

Riprendiamo…

Quello su cui sto lavorando ora è proprio questo: l’osservazione su di me, per accettare i lati del mio carattere che non mi vanno proprio giù e superarli (Salvatore Brizzi sarebbe fiero di me), (se non sapete chi è cercatelo sul web, non dovrò mica dirvi tutto io, che diamine!).

Questo per esempio è un periodo di inattività, cerebralmente poco impegnativo e ad alto tasso di procrastinazione. No, dai, non siamo severi, diciamo tasso medio. Me ne sono accorta qualche giorno fa et voilà ho iniziato ad essere più vigile.

Oggi, per esempio, ho prenotato un biglietto aereo che mi faceva un po’ paura, perché mi costringeva a pensare ad una situazione che è a metà tra il noto e l’ignoto (più ignoto che noto, a dir la verità). Non solo ho cercato il volo (era da più di una settimana che evitavo accuratamente di pensarci) ma, avendone trovato uno solo disponibile ad una tariffa veramente conveniente, sono riuscita a prendere una decisione in 5 minuti e a prenotarlo. Sembrerà stupido, ma per lo standard dei miei tempi è davvero un evento raro, che mi ha fatto ben sperare in me stessa!

Ho anche ripreso il telaio che avevo abbandonato due anni fa ed ho iniziato a lavorare una bellissima sciarpa bianca. (Spero non faccia la fine di quell’altra che ci ho trovato attaccata. Era lì da due anni, lavorata a metà e lasciata a prender polvere. Sinceramente mi faceva anche un po’ cagare e quindi l’ho sfilata e ne ho iniziata una nuova).

Consigli prima della chiusura di questo post (non ci posso credere, l’ho terminato!):

  • non colpevolizzatevi se sentite di essere inadeguati e di non essere in grado di prendere la vostra vita nelle vostre mani ma d’altro canto
  • non incolpate nessun altro per la vostra condizione perché
  • ognuno è RESPONSABILE del proprio destino e della propria esistenza, non esistono sfortune e contingenze negative. Tutto ciò che ci accade succede per un motivo. Il nostro subconscio ci parla, anche se a volte noi non lo ascoltiamo, e ci manda tutto ciò che in un determinato momento della nostra vita siamo in grado di superare, per cui
  • osservatevi dall’esterno, cercate di essere consapevoli delle vostre azioni e dei vostri atteggiamenti, senza giudicarli, poiché il giudizio vi rende imparziali e vi priva della capacità di superare ciò che non accettiamo di noi stessi ma soprattutto
  • ogniqualvolta dovete fare qualcosa, anche la più stupida, anche quella che ha una scadenza prevista per l’anno successivo, mettete a tacere quella stupida voce interiore che vi spinge a rimandare per la paura di doverci pensare subito. Iniziate a fare IMMEDIATAMENTE ciò che dovete.

 

 

 

 

 

Sessione di auto-analisi – ovvero le origini della mia procrastinazioneultima modifica: 2014-09-30T01:14:54+02:00da melinapatata
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Un pensiero su “Sessione di auto-analisi – ovvero le origini della mia procrastinazione

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